Non molto tempo fa, un amico poeta mi chiese se i granchi de L’invasione dei granchi giganti (Marietti 2010) appartenessero a una specie particolare, oppure discendessero da un’idea di granchio, dalla figura archetipica di un decapode. A prescindere ora dalle illusioni della referenzialità, un granchio preciso l’avevo sì in mente: il Paralithodes camtschaticus (Tilesius 1815), ossia il Granchio gigante, detto anche il Re Granchio della Kamčatka. Ricordo – saranno passati dieci anni – che me ne stavo comodo sul divano di casa, quando mi caddero gli occhi, già un po’ appesantiti, su un documentario. Si raccontava di un’invasione di giganteschi granchi rossi, provenienti dallo stretto di Bering, che stava mettendo seriamente a repentaglio la pesca al largo delle coste nordorientali della Norvegia. Si spiegava che erano i pronipoti di granchi che i sovietici avevano trapiantato nella Baia di Murmansk anni addietro per sfruttare al meglio il commercio della loro “carne acidula”… Tra plumbee inquadrature su mari gelidi e lunghi primi piani sui volti induriti dal sale di pescatori norvegesi, mi addormentai nel giro di pochi minuti, ma il giorno seguente avevo già metà della poesia in testa prima del caffè mattutino. "Giunsero da Vladivostok..."
Non molto tempo fa, un amico poeta mi chiese se i granchi de L’invasione dei granchi giganti (Marietti 2010) appartenessero a una specie particolare, oppure discendessero da un’idea di granchio, dalla figura archetipica di un decapode. A prescindere ora dalle illusioni della referenzialità, un granchio preciso l’avevo sì in mente: il Paralithodes camtschaticus (Tilesius 1815), ossia il Granchio gigante, detto anche il Re Granchio della Kamčatka. Ricordo – saranno passati dieci anni – che me ne stavo comodo sul divano di casa, quando mi caddero gli occhi, già un po’ appesantiti, su un documentario. Si raccontava di un’invasione di giganteschi granchi rossi, provenienti dallo stretto di Bering, che stava mettendo seriamente a repentaglio la pesca al largo delle coste nordorientali della Norvegia. Si spiegava che erano i pronipoti di granchi che i sovietici avevano trapiantato nella Baia di Murmansk anni addietro per sfruttare al meglio il commercio della loro “carne acidula”… Tra plumbee inquadrature su mari gelidi e lunghi primi piani sui volti induriti dal sale di pescatori norvegesi, mi addormentai nel giro di pochi minuti, ma il giorno seguente avevo già metà della poesia in testa prima del caffè mattutino. "Giunsero da Vladivostok..."
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AuthorFederico Italiano © Daniel K. Zegnalek
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March 2019
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