
Per la copertina del mio ultimo libro è stata scelta una rappresentazione topografica della battaglia di Livorno attribuita ad Alfonso Parigi il giovane (inchiostro e acquarello su carta 345 x 460 mm). Stando al titolo, apposto in testa alla legenda (in basso a sinistra), Alfonso avrebbe ultimato questa “pianta e veduta” il giorno stesso della battaglia, il 14 marzo 1653. Dovesse questo corrispondere al vero, potremmo immaginarci il nostro architetto, specializzato in scenografie per teatro, appostato sul tetto o terrazzo di qualche palazzo livornese, con una buona vista sul porto, godendosi lo scontro delle due flotte nemiche (una declinazione bellica del topos lucreziano “naufragio con spettatore”). La battaglia, vinta dagli olandesi guidati dal Commodoro Johan Van Galen, è ricordata in Inghilterra col nome inglese di Livorno, Battle of Leghorn. Questo toponimo così perfettamente britannico, dal conio quasi tolkiano, potrebbe indurre chi non avesse familiarità con la storia inglese, o col vecchio nome anglosassone del porto toscano, ad immaginarsi la Battaglia di Leghorn presso un qualche esotico (ovviamente inesistente) baluardo marino del Commonwealth, forse in Nuova Zelanda, o in Canada o in una qualche isola del Caraibi anglofoni. Come ricordava già nel 1854 l’ammiraglio William Henry Smyth, “gli antichi geografi d’Italia, prima che si completasse definitivamente la trasformazione del latino in italiano volgare, erano usi scrivere in un modo più simile al nostro [inglese]. Nel bel portolano di Canachi figurano Legorno, Florentia e Neapolis al posto dei moderni Livorno, Firenze e Napoli […] E lui [Nicolo Canachi] ha sempre scritto Leghorn in caratteri greci Λεγορνο; e altri della stessa epoca (1550 circa) la chiamano Legorne, Ligorna e Ligorno – toponimo, quest’ultimo, che fu utilizzato da Crescentio [Bartolomeo Crescentio Romano] nel 1607.” *
Ora che ci penso, anche la copertina dell’antologia della poesia italiana contemporanea, che ho curato nel 2013 per Hanser con Michael Krüger, ha un motivo livornese: la Terrazza Mascagni… Insomma, se già il mercante britannico Peter Mundy (1608-177) nei suoi diari di viaggio scriveva che “Leghorne [Livorno] è la città più graziosa, pulita e piacevole che abbia mai visto”, ** un motivo ci sarà.
* William Henry Smyth, The Mediterranean: A Memoir Physical, Historical, and Nautical, 1854, London: John W. Parker and Son, p. 409.
** “Leghorne is the neatest, cleanest and pleasantest place that I have seene, their houses painted without side in Stories, Landskipps, etc., with various Coulors, makeing a verie delightfull shewe. There they observe a Custome called Prattick, and is near two dayes journie from Florence.” The travels of Peter Mundy in Europe and Asia, 1608-1677, Cambridge: Hakluyt Society, 1907, Vol.1, p.16–17.
Ora che ci penso, anche la copertina dell’antologia della poesia italiana contemporanea, che ho curato nel 2013 per Hanser con Michael Krüger, ha un motivo livornese: la Terrazza Mascagni… Insomma, se già il mercante britannico Peter Mundy (1608-177) nei suoi diari di viaggio scriveva che “Leghorne [Livorno] è la città più graziosa, pulita e piacevole che abbia mai visto”, ** un motivo ci sarà.
* William Henry Smyth, The Mediterranean: A Memoir Physical, Historical, and Nautical, 1854, London: John W. Parker and Son, p. 409.
** “Leghorne is the neatest, cleanest and pleasantest place that I have seene, their houses painted without side in Stories, Landskipps, etc., with various Coulors, makeing a verie delightfull shewe. There they observe a Custome called Prattick, and is near two dayes journie from Florence.” The travels of Peter Mundy in Europe and Asia, 1608-1677, Cambridge: Hakluyt Society, 1907, Vol.1, p.16–17.