Da qualche settimana è in edicola (adoro quest’espressione, anche se suona un po’ antiquata) l’ultimo numero di Critica letteraria (174, 1, 2017), in cui troverete, tra tante belle cose, anche un mio articolo sulle isole (proto)moderniste di Guido Gozzano, Francis Jammes e Gottfried Benn. In quelle pagine, ho cercato di approfondire le ragioni per cui reputo “La più bella!” di Gozzano non tanto una poesia emblematica del modernismo italiano quanto piuttosto un testo paradigmatico delle tendenze transnazionali del modernismo. La mia tesi è che Gozzano non fantastichi a caso d’isole, ma che la sua scrittura cartografica, e in particolare l’immaginario insulare che la informa, partecipi di un più vasto sentire a lui contemporaneo che percepisce nell’isola – sia essa reale o immaginaria, presente o assente, agognata o paventata – un paesaggio necessario, un modello spaziale con cui confrontarsi, un ecosistema in cui località e globalità si fondono paradigmaticamente. Partendo dal testo gozzaniano, ho perlustrato altre isole della poesia (proto)modernista, di poco precedenti e successive a La più bella di Gozzano. In particolare, mi sono soffermato su un paio di testi della raccolta De l’Angélus de l’aube à l’Angélus du soir (1898) di Francis Jammes – nume tutelare di Gozzano, poeta simbolo della crisi simbolista e grande ispiratore del Modernismo classico – e sulla poesia “Palau” (1922) di Gottfried Benn – forse il poeta lirico più originale e autorevole del modernismo tedesco.
Se vi interessa approfondire, qui trovate l'articolo – o altrimenti scrivetemi.
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